Feste e Tradizioni

 


LE FESTE TRADIZIONALI DI TORRICELLA

RADUNO DELLE FISARMONICHE (1 maggio)

FESTA DELLA MADONNA DELLE ROSE  (ultimo sabato di Maggio)

Il santuario della madonna delle rose sorge su di un piccolo monte roccioso a circa tre chilometri da Torricella Peligna. La festa dedicata alla Madonna Delle Rose si celebra nell’ultimo sabato di maggio quando a Torricella fioriscono le rose. Questo è un giorno caratteristico perché un misticismo pieno di luce e una grande bontà circonda la chiesa resa sonora dai canti dei pellegrini. Infatti, tutti i paesi vicini partecipano alla festa, visitando la chiesa e sperdendosi nella campagna circostante sotto le grandi querce, non dimenticando di bere per devozione l’acqua della Madonna che sgorga limpida e fresca tra due massi a breve distanza dalla chiesa. Molti vanno a vedere l’orma di Sansone consistente in un piccolo pianerottolo su di una rupe che sorge presso il santuario. La credenza del gigante inimmaginabile, è diffusa tra i contadini di Torricella. Si credeva che Sansone slargando le gambe poneva un piede sul monte della Madonna delle rose e l’altro nel versante opposto lasciandosi di sotto tutta la valle dell’Aventino. I protettori del paese S. Marziale, S. Vincenzo e S. Mariano vengono portati in processione al Santuario da dove viene portata fuori la Madonna per andare incontro alle tre statue. L’uscita della Madonna dalla chiesa e l’apparire dei santiprotettori di Torricella avviene tra lo sparo dei mortaretti, il suono delle campane. I tre Santi ai quali si unisce la Madonna, dice il popolo, sono suoi fratelli.

FESTA DI S. ANTONIO   (13 giugno)

FESTE PATRONALI (8/9 agosto)

La statua esposta nella chiesa di Torricella raffigura San Marziale nel modo ingenuo e un po’ rozzo tipico di una certa iconografia religiosa. Colpiscono le ridotte proporzioni, i tratti vagamente infantili del volto, tanto che si pensi che possa trattarsi di un bambino di soli 7 anni vissuto ai tempi dell’imperatore Marco Aurelio. Colpisce anche il nome Marziale, il quale deriva dal latino Marte, dio della guerra. Egli, ultimo di sette figli, malgrado la tenera età, affrontò, insieme alla madre Felicita e a tutti i fratelli, un processo nel quale li si accusava di essere cristiani. Prima del giudizio e della condanna, si cercò ripetutamente d’indurli, con promesse, ricatti e minacce, e poi anche con torture e fustigazioni, a fare abiura della religione che professavano e che, secondo le autorità, minava l’ordinamento statuale e stravolgeva tutta la gerarchia di valori. Infatti, ogni volta, prima che il soldato abbatteva il primo colpo di frusta su quelle esili schiene, il prefetto chiede a ognuno di loro di ripudiare la religione alla quale si sono convertiti. Nonostante ciò, i sette ragazzi e la madre non rinnegarono mai la loro fede in Gesù. Ad oggi, nei giorni 8 e 9 agosto si celebrano le feste patronali in onore di San Marziale, San Domenico e San Rocco. La mattina dell’ 8 agosto, alle 8, tutta Torricella si sveglia dal frastuono di fortissimi botti: è l’apertura ufficiale dei festeggiamenti. La mattinata prosegue, poi, con la banda che suona per il Corso e per i vari rioni. Nel pomeriggio c’è la bella e ormai consolidata tradizione torricellana della “sfilata delle conche”. Alcuni bambini vestiti in costume abruzzese, a coppie, tenendo la conca, simbolo dell’Abruzzo, ripiena di dolci ed addobbate con i fiori, sfilano per il corso accompagnati dalle marcette della banda. Poi a fine sfilata c’è la premiazione per la conca più bella. Alle 10 di sera c’è la “fiaccolata”: si spengono all’improvviso le luci dell’illuminazione del Corso, facendo diventare tutto buio, e, contemporaneamente, si accendono le prime fiaccole disposte sui lampioni, una miriade di persone accompagnate dalla banda si incammina verso la chiesa maggiore. Arrivati sotto la chiesa iniziano i fuochi pirotecnici sul sagrato di essa. Il secondo giorno poi vi è la fase più religiosa con la messa e la processione di San Marziale, il santo protettore di Torricella.Da un po’ di tempo poi, è stata ripristinata una antica tradizione torricellana che si era persa nel tempo: davanti alla statua del santo sfilano Santa Felicita, una ragazza vestita come una madonna, e sette bambini in costume antico. Vogliono rappresentare il martirio di Santa Felicita con i suoi sette figli, tutti beatificati, in cui il più piccolo era San Marziale.

FESTA DI S. AGATA   (17 agosto)

La figura di Sant’Agata è legata al cosiddetto “Culto del Latte”. A fine ‘800 le donne usavano scoprire il petto per fare abluzioni con quest’ acqua, detta, per l’appunto, di Sant’Agata. La pagnotta da forno di Sant’Agata è un pane sacro espressione della tradizione e della fede popolare, la cui preparazione risale a tempi immemorabili. E’ legato alla celebrazione della festa dedicata alla Santa che si celebra due volte l’anno, il il 5 febbraio e il 20 agosto, nei giorni della trebbiatura. Per l’occasione vengono preparati dei pani a forma di seno, portati nella chiesa rurale a lei dedicata, che vengono benedetti e bagnati nell’acqua della sorgente adiacente. Un tempo, le donne incinte e le puerpere facevano delle abluzioni con l’acqua della sorgente invocando la santa che non facesse loro mancare il latte per la prole.

Le “Cacchiette”, vengono preparate sia salate che dolci, sono impastate con farina di grano tenero della varietà locale “Solina” macinato a pietra, patate, lievito naturale di pasta acida, olio, zucchero (oppure sale), uova, semi di anice e patate lessate. Sant’Agata, martire cristiana nel corso della persecuzione di Decio, (251 d.C.) fu imprigionata per essere costretta ad una vita dissoluta, ma la sua resistenza e le sue virtù la condussero a vessazioni, torture ed infine al taglio delle mammelle. Le passio di S. Agata riportano le parole che la martire disse al proconsole :”Empio, Crudele e disumano tiranno. Non ti vergogni di strappare ad una donna quello che tu stesso succhiasti dalla madre tua?”. Morì in prigione il 5 febbraio 251. L’iconografia cristiana la rappresenta con le mammelle offerte in un piatto.

Il Culto di Sant’Agata è ancora sentito e praticato in diverse località abruzzesi, come Civitaluparella, dove vengono organizzati festeggiamenti in in onore della Santa o Torricella Peligna dove, in Contrada Colle Zingaro si trova la Fontana delle Sese (dei seni), che ospita una piccola statua della Santa, la cui acqua è ritenuta sacra, per la produzione del latte e la guarigione delle affezioni al seno.

SFILATA DELLE CONCHE  (agosto)

SAGRA DELLA PIZZELLA  (15 agosto)

FESTA DI SAN RINALDO  ( 27/ 28 agosto )

SFILATA DEI CIOCCOLI DI SAN MARTINO  ( 10 novembre )

La festa di San Martino, insieme alla ricorrenza dei santi e dei morti, è una festa autunnale molto attesa dalla popolazione. Nella nostra zona è un insieme di riti: è una festa religiosa in quanto il santo, molto venerato, è vissuto nel medioevo come  eremita fra Casoli e Lama dei Peligni, da lì il nome del paese di Fara San Martino o le gole di San Martino; è un passaggio meteorologico importante con “l’estate di San Martino”;  è una data contadina legata al vino “A San Martino ogni mosto diventa vino”, ma più ancora  è una divertente ricorrenza pagana, in quanto in molti paesi si festeggia la famosa “festa dei cornuti”. Le modalità di festeggiamento di questa festa è diversa da paese a paese. Sembra che il nome provenga dal fatto che in molte zone si svolgevano le fiere del bestiame, principalmente dei buoi, e da lì le corna e quindi la festa dei cornuti, che poi traslato è diventata una festa di sfottò ed ironie verso i mariti traditi dalle mogli. Anche a Torricella la notte di vigilia di San Martino, ossia la serata del 10 novembre, si onorava questa festa e la tradizione voleva che alcuni ragazzi con un codazzo di vecchi barattoli, uniti insieme con filo di ferro, li “trascinavano” per le strade del paese in orario notturno a cominciare dalle 9-10 e sino ad ora tarda, provocando rumore e allegria. Il percorso dipendeva da chi si voleva prendere in giro ossia la direzione era relativa alla casa di quel marito che si pensava fosse stato tradito. Si arrivava piano piano all’abitazione del “cornuto”, si legava una cordicella al bartocchio della porta, ci si nascondeva li vicino e si tirava la corda per bussare. A quel punto qualcuno si affacciava per vedere chi fosse e i ragazzi rispondevano “SAN MARTINO” e via di corsa trascinando i vecchi barattoli e provocando le ire del marito preso in giro. Alla fine della sfilata, si teneva la premiazione del “cioccolo” più bello.

LA GIORNATA DELL’ALBERO  (novembre)

“I SANT’ANTONI (gennaio)

Il 17 gennaio è la festa di Sant’Antonio Abate. Quest’ultimo è l’immagine di un santo poverello, un santo della gente povera, dei contadini, è il protettore degli animali, principalmente dei maiali. Infatti, nel passato, si comprava un porco che il prete benediceva e poi gli metteva un cordoncino al collo. Questo è detto il porco di S. Antonio, ed aveva il diritto di andare a mangiare dove voleva e a dormire una notte per ogni casa, perciocché si credeva che portasse seco la provvidenza. I contadini ne erano tanto persuasi, da litigare se qualcuno alloggiava il porco più di una notte. Nel carnevale se ne fa una lotteria, il cui retratto viene speso nella festa del santo per il mese di giugno successivo. Il tutto accompagnato dalla rappresentazione del “Sandandonje”. Una decina di persone, alcuni vestiti da frati, due da angeli e poi uno vestito da diavolo e l’altro da S. Antonio Abate, oltre ai musicanti con la chitarra e la fisarmonica, vanno in giro per il paese di casa in casa. Entrati nella sala o nella cucina della casa ospite, i protagonisti si disponevano a semicerchio e cominciavano a cantare ed a recitare le leggende relative al santo. In seguito a ciò, si chiedeva al padrone di casa di fare la questua e, a quel punto, egli tirava fuori il vino, un po’ di grano, un po’di prosciutto, oppure delle uova e delle salsicce, raramente, invece, veniva offerto qualche soldo. Dopo aver ringraziato il padrone di casa si proseguiva a bussare nella casa successiva. Alla fine della serata, si andavano a dividere oppure a mangiare il risultato della questua. Nei 8tempi in cui la miseria si toccava con mano, la rappresentazione era un modo per mangiare qualcosa di sostanzioso in un periodo dell’anno molto magro e, il grano, le uova e le salsicce avevano il loro valore sostanziale, ad oggi la rappresentazione viene organizzata e messa in scena per mantenere viva la tradizione.